Il tessuto osseo che costituisce lo scheletro, svolge una funzione di sostegno della struttura corporea, di protezione degli organi interni e fornisce ai muscoli le leve adeguate ad eseguire il movimento. L’osso è infatti un tessuto connettivo di sostegno che origina dalla cartilagine ialina, formata da una matrice extracellulare ricca di calcio che imprigiona le cellule da cui viene prodotta, così da rendere il tessuto particolarmente resistente e solido. La patologia che con maggiore frequenza interessa questo tessuto è senza dubbio l’osteoporosi.
In merito l’Organizzazione Mondiale della Sanità la definisce come “una malattia sistemica ad eziopatogenesi multifattoriale, determinata da una patologica riduzione progressiva della massa ossea e da alterazioni microarchitetturali del tessuto osseo, che diventa fragile e maggiormente esposto al rischio di frattura”.
Tale condizione è causata da una sostanziale modifica del processo di rimodellamento osseo. E’ importante sapere che la struttura ossea non è statica, ma deriva dal costante equilibrio tra l’apposizione della matrice e la rimozione del tessuto in eccesso: quando l’equilibrio viene alterato a favore della rimozione, si manifesta pertanto questa patologia.
I dati statistici riguardanti l’osteoporosi segnalano la malattia come una delle più diffuse e all’incirca dal cinquantesimo d’età come la causa più frequente di fratture da fragilità ossea, tanto che ne risultano affetti il 40% delle donne e il 13% degli uomini nell’Unione Europea.
La predisposizione delle donne per la patologia deriva da diversi elementi: il primo è relativo alla loro costituzione fisica, poiché presentano una massa ossea inferiore a quella egli uomini.
Il secondo è invece connesso alla riduzione della secrezione estrogenica legata alla menopausa, che si accompagna ad una perdita progressiva di minerali nello scheletro intorno all’1-2% all’anno. Inoltre alterazioni o malattie che coinvolgono l’apparato ovarico, soprattutto se richiedono l’utilizzo terapeutico della radioterapia, rappresentano un ulteriore fattore che concorre all’insorgenza di osteoporosi precoce.
Pertanto dalle raccomandazioni degli esperti Organizzazione Mondiale della Sanità viene vivamente raccomandato a tutte le donne di eseguire una Mineralometria Ossea Computerizzata, ad ora l’esame gold standard per la diagnosi, intorno ai 65 anni di età anche in assenza di fattori di rischio.
Oltre al sesso e all’età, vengono individuati come fattori di rischio che richiedono l’esecuzione di accertamenti diagnostici la presenza di un BMI (body Mass Index) <19, solitamente corrispondente ad un peso inferiore ai 57 kg in donne in post menopausa tra i 50-60 anni e la presenza di instabilità posturale, caratterizzata da un’andatura lenta e incerta.
Relativamente al momento in cui la patologia si manifesta l’osteoporosi può essere distinta in:
Differentemente dalla forma primaria, questa tipologia può essere conseguente:
Solitamente negli stati di esordio della malattia, non si manifestano sintomi specifici e l’insorgenza può essere definita come asintomatica. I primi disturbi si avvertono dopo aver camminato molto o quando si passa molto tempo in piedi, con la comparsa di mal di schiena localizzato soprattutto nella zona lombare, che tende a risolversi distendendosi. Questa specifica sintomatologia è legata alla presenza di microfratture vertebrali, difficilmente individuabili con una radiografia.
Le fratture o le microfratture, causate anche da traumi di entità trascurabile, sono la più diffusa manifestazione clinica della patologia e la più frequente complicanza. Le fratture più comuni si verificano a livello di omero, ginocchio, piede e polso, quest’ultime anche dette fratture di Colles con una frequenza del 79%; vi sono poi le fratture vertebrali che riguardano il 13% delle incidenze e per ultime quelle del femore, con un interessamento dell’8% delle fratture totali.
È possibile effettuare la diagnosi di osteoporosi sia attraverso la manifestazione di sintomi specifici, quali fratture e rachialgie, che però risultano spesso segni tardivi e sia tramite la rilevazione della BMD (Bone Mineral Density) mediante MOC, la quale consente di valutare la densità ossea sia delle ossa appendicolari che della colonna. Grazie a questa tecnica si è in grado di stabilire un ottenere un valore, detto T score, che correla la densità ossea al rischio di frattura.
Categoria diagnostica | T-Score | Rischio di frattura (RR) |
Normale | > -1 | Basso |
Osteopenia | da -1 a -2,5 | Medio (2 – 5) |
Osteoporosi | < -2,5 | Alto (>5) |
Inoltre la prescrizione di una simile scansione ossea può essere utile per eseguire un monitoraggio delle modificazioni scheletriche nel tempo, in particolare modo in cui siti scheletrici, come vertebre lombari o estremità prossimale del femore, dove con più frequenza si verificano le prime fratture.
L’intervento da dedicare ad una simile patologia deve essere di tipo multidisciplinare, in modo da ottenere risultati più efficaci e duraturi per i pazienti che convivono con tale malattia nell’intero corso della terza età. In primo luogo, risulta imprescindibile educare l’individuo sulla malattia da cui è affetto e sul tipo di strategie motorie più adatte da eseguire nella vita quotidiana per evitare atteggiamenti posturali rischiosi. La terapia farmacologica è rivolta a fornire un rinforzo della struttura ossea mediante l’assunzione di derivati della vitamina D, calcitonina, terapia ormonale sostitutiva e bisfosfonati. Questi ultimi sono i farmaci più utilizzanti poiché agiscono come potenti inibitori del riassorbimento osseo e vengono utilizzati nel trattamento e nella prevenzione dell’osteoporosi e di altre patologie caratterizzate da un aumentato rimodellamento osseo.
Diversi studi dimostrano inoltre che, ad oggi, per la prevenzione della perdita e per l’incremento del trofismo osseo, i risultati più incoraggianti si ottengono grazie al trattamento riabilitativo.
L’intervento riabilitativo è diretto al miglioramento della resistenza e della forza muscolare in modo tale da prevenire le cadute ed aumentare l’equilibrio, la coordinazione e la mobilità articolare. La promozione dell’esercizio fisico risulta infatti il cardine dei programmi riabilitativi rivolti al paziente con osteoporosi: in primo luogo favorisce l’aumento della massa ossea, grazie al carico meccanico e alle contrazioni muscolari; riduce sensibilmente l’assunzione di analgesici e consente di incrementare le attività funzionali dell’individuo. Per far si che il carico meccanico svolga la sua azione di stimolazione osteogenica esso deve applicato in attività dinamiche e non statiche, eseguito ad una certa velocità con un numerose ripetizioni, di breve durata e frequente, dedicandosi particolarmente ai siti più interessati dalla patologia come il rachide, il femore ed i polsi.
I principali obiettivi da raggiungere risultano:
La terapia pertanto si sviluppa mediante programmi di esercizi da poter svolgere anche in gruppo, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche individuali e la singola valutazione del paziente. L’attività di gruppo può consentire in tal modo al paziente di convivere meglio con la sua patologia e di avere un maggiore supporto psicologico. Per raggiungere i sopracitati obiettivi, il trattamento si focalizza su esercizi di allenamento aerobico, come il cammino veloce e di rinforzo muscolare, con carichi progressivi ed un alto numero di ripetizioni, oltre che su training rivolti alla stabilizzazione dinamica lombo pelvica e scapolo toracica con esercizi di flessibilità muscolo tendinea.
Per raggiungere risultati che siano duraturi ed efficaci nel tempo è importante consigliare al paziente di svolgere esercizio fisico all’aria aperta con constanza: soprattutto dopo i 60 anni, camminare quotidianamente almeno 20-30 minuti al giorno permettere di prevenire l’insorgenza dell’osteoporosi. Inoltre un’adeguata esposizione alla luce solare stimola la produzione di vitamina D, la quale rappresenta un altro importante fattore protettivo. In questo modo, si riesce a mantenere un’adeguato tono muscolare, a favorire la formazione di tessuto osseo, così da ridurre il rischio di fratture e di cadute. Ora si passa ad analizzare alcuni degli esercizi che possono essere proposti al paziente, in modo da rinforzare la struttura muscolare di supporto alla colonna vertebrale e al bacino ed ottenere un complessivo miglioramento della forma fisica.
Esercizio n. 1: Poggiare il corpo contro una parete e tentare di allungarsi il più possibile, estendendo un braccio e mantenendo dritta la schiena.
esercizio n.1: Autostiramento.
Spingere l’addome contro il piano mantenendo la schiena dritta
esercizio n.2: Con le ginocchia flesse e la schiena dritta sollevare un braccio e spingere l’altro contro il piano, alternativamente.
esercizio n.3: Afferrare con le braccia le ginocchia flesse e portarle verso il torace lombare.
Diversi studi dimostrano inoltre che il tipo di interevento deve essere distinto e personalizzato anche in base all’ età e al sesso del paziente. Nelle donne in post-menopausa, l’attività fisica con carico è in grado di prevenire la perdita annuale ossea attraverso programmi che combinano l’allenamento aerobico, come il jogging, il cammino o la danza con attività specifiche che mirano all’incremento dell’agilità e della propriocezione corporea, come negli esercizi di equilibrio monopodalico e bipoladico eseguiti nel Tai Chi. Infatti il recupero ed il miglioramento dell’equilibrio risulta fondalmentale nella riduzione del rischio di cadute: pertanto nei programmi di trattamento si effettuano anche esercizi con pedane mobili oscillanti e cicli di rieducazione alla deambulazione. Tale pratica permette inoltre il ripristino del centro di gravità del corpo, in una posizione volta a prevenire le cadute che possono portare a fratture da fragilità.
Negli uomini di mezza età o anziani, il solo svolgimento di training aerobici risulta poco significativo, mentre con l’aggiunta di esercizi di resistenza rivolti al rinforzo e del Pilates,che consente di lavorare in sinergia sull’elasticità e sull’allungamento dei muscoli, si può ottenere un significativo ricondizionamento cardiovascolare.
Un’altro importante intervento è rappresentato dal lavoro sulla postura di questi soggetti, che deve concentrarsi sull’autopercezione e sulla correzione delle posture scorette, minimizzando i carichi in flessione dorsale e andando ad eseguire esercizi utili per il rafforzamento dei muscoli estensori dorsali, in modo da prevenire e correggere le deformità spinali, soprattutto l’ipercifosi. Grazie a questo tipo di interventi si può ridurre il dolore ed aumentare l’espansione toracica e la capacità vitale polmonare. Nella presa di coscienza corporea, un ruolo molto importante è rivestito dall’esecuzione di esercizi di ginnastica respiratoria costale e diaframmatica che vanno a coadiuvare l’azione correttiva degli esercizi di rieducazione posturale, agendo sul rilasciamento dei muscoli respiratori, che se contratti aumentano la sintomatologia relativa alla cifosi dorsale.
Si può infine affermare che, attraverso lo svolgimento costante e frequente di programmi riabilitativi adeguati agli elementi più compromessi del soggetto osteoporotico, è possibile migliorare sensibilmento la qualità della vita di questi pazienti, senza inficiare la loro autonomia nell’esecuzione delle attività quotidiane.
Bibliografia Protocollo Linee Guida ISS 2015-2016 Gibs: Osteoporosi , Consigli utili Angela Maria Polidori